MARCO MALVALDI: LA MORRA CINESE
MARCO MALVALDI
LA MORRA CINESE
Un fatto epocale a Pineta, il paese-mondo dei vecchietti del BarLume: dopo decenni, ha vinto la destra alle elezioni comunali e, per di più, nella persona di un neosindaco «noto per attività sociali a braccio teso». Ampelio non può crederci, però, davanti al biliardo, non tutti son d’accordo: la pensa come lui Pilade, sono invece contrari Aldo e il Rimediotti. Un bar spaccato, esattamente come in tutte le altre questioni, come per esempio la vendita, da parte della nuova giunta, del Bosco Torto, un enorme terreno che una holding vorrebbe comprare. Battibecchi a lingua sciolta, interrotti solo dai gorgoglii dei due nuovi venuti: Matilde, la figlietta del barrista Massimo e del vicequestore Alice, e Michele, il bimbo della bella socia Tiziana con il disoccupato Marchino. Questo il contesto in cui piomba il delitto: Stefano Mastromartino, uno studente venuto in riviera da Pisa per motivi di studio, è trovato cadavere sotto le finestre della casa comunale. Visibilmente precipitato, ma non per mano propria. L’ultima telefonata a un nobile decaduto della zona, il conte Serra Catellani. Al vicequestore che lo interroga, Catellani spiega che il giovane stava conducendo una ricerca storica negli archivi del casato, a caccia di un vecchio carteggio. Il professor Viterbo della Normale, relatore della sua tesi, non sembra, agli occhi della investigatrice, del tutto limpido. E mentre lei guida la sua inchiesta, nel quartier generale della maldicenza, il BarLume, si svolge un’indagine parallela, sulla base di ricordi, pettegoli e di parte, ma acuti perché a pensar male si indovina. E le due sponde della investigazione convergono verso una verità remota.