IL FABBRICANTE DI SPECCHI
IL FABBRICANTE DI SPECCHI
«Sono un uomo normale di buona memoria che è incappato in un vortice, che ne è uscito più per fortuna che per virtù, e che da allora conserva una certa curiosità per i vortici, grandi e piccoli, metaforici e materiali». La più nota fra le definizioni che Primo Levi ha offerto di sé medesimo si legge qui, nella pagina con cui ci presenta Il fabbricante di specchi. Per questo, ma non solo per questo, è il libro del suo «Presente indicativo»: il libro dell’attenzione minuziosa, arguta e fantasiosa verso un qui-e-ora che ci lascia intuire un futuro possibile (ma, spesso e volentieri, temibile: basti un titolo come La sfida della molecola) o ci permette di capire un passato nebbioso (ma, più spesso e meno volentieri, di abbagliante violenza: basti un titolo come Auschwitz, città tranquilla). Allestita da Levi nell’ultimo scorcio del 1986, questa raccolta voleva essere qualcosa come una mostra: una “personale” delle sue scritture per il quotidiano «La Stampa», una campionatura dei generi letterari che, sulle colonne del quotidiano di Torino, aveva praticato in un quarto di secolo: il racconto, il saggio, la poesia (ma come, la poesia su un giornale? sì, a lui e a quell’epoca succedeva).
Domenico Scarpa