I SOMMERSI E I SALVATI
I SOMMERSI E I SALVATI
1986: sono oltre quaranta gli anni che separano Levi dalla deportazione come ebreo, e poco meno di trenta ne sono passati dalla comparsa dell’edizione tedesca, ma ancora ne mancano più di tre prima che il Muro di Berlino crolli, e con il Muro un’Europa divisa in due blocchi ideologici contrapposti. Solo questo duplice evento finirà per imporre il genocidio ebraico come tema di riflessione in gran parte del mondo; purtroppo, quando ciò accade, Primo Levi è ormai assente. Rimane però il fatto-Auschwitz e rimane, su questa avventura, la sua riflessione, sviluppatasi lungo tre decenni e precipitata, in senso chimico, negli otto saggi che compongono I sommersi e i salvati. Alcuni fra i titoli di quei saggi sono divenuti utensili di pensiero a livello planetario: la «zona grigia» che si estende fra le vittime e gli aguzzini e che intorbida un’indagine e un giudizio più che mai necessari; la paradossale «vergogna» che opprime i pochi superstiti del lager; la «violenza inutile» esercitata all’unico scopo di introdurre dolore aggiuntivo nel mondo; gli «stereotipi» di ogni risma che tendono a imporsi sui ragionamenti complessi e sfumati. Questa storia di sommersi e di salvati, questa storia che Primo Levi ci ha raccontato per ultima, è una storia del mondo attuale. Non ci parla solo del passato: dialoga con noi e parla di noi, del nostro qui-e-ora, senza proporci soluzioni, tantomeno soluzioni facili. I sommersi e i salvati è un libro ostinato, un libro ansioso di futuro, un libro che ci offre uno stile di pensiero e un’angolazione sensata per il nostro sguardo, un libro che mette a nostra disposizione (lo ha detto la storica Anna Bravo, tra le sue lettrici più acute) una «segnaletica di problemi».
Domenico Scarpa