DIALOGO CON TULLIO REGGE
DIALOGO CON TULLIO REGGE
La prima frase pronunciata da Tullio Regge è un’apertura da grande maestro di scacchi: «Tra le cose che ho in comune con Primo Levi, e che Primo Levi ancora non sa, c’è una vera mania segreta: sto studiando l’ebraico antico, da solo». Ma tra il chimico industriale Levi e il fisico teorico Regge – tutti e due torinesi, il secondo più giovane di dodici anni – non avrebbe senso domandarsi chi muovesse i neri e chi i bianchi, perché non ci fu nessuna partita. Ci fu, fin da questa prima scintilla del loro Dialogo che ebbe luogo nella primavera 1984, la pienezza di un sapere universale e un flusso di passione così intenso da contagiare chiunque. La Bibbia e il Talmud quindi, le loro vicende mirabolanti e le loro incongruenze patenti, e perfino (è Levi ad annotarlo) «delle stupidaggini, come quella che il Padre Eterno impiega tre delle sue ventiquattro ore a studiare la Torà, cioè se stesso». E di qui, il passare alle rispettive letture da bambini e da giovani e ai primi traffici con formule algebriche o chimiche fu un attimo. A chi, leggendo queste pagine, non verrà voglia di procurarsi la Matematica dilettevole e curiosa o il Nuovo ricettario industriale? Chi non riprenderà in mano l’Orlando Furioso dopo aver sentito che Levi e Regge lo definiscono, all’unisono, un romanzo a fumetti? Quale studente non metterebbe da parte Cicerone per andarsi a cercare i passi dove Celso spiega come si faceva, nella Roma del I secolo d.C., l’operazione delle tonsille?
Domenico Scarpa